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I 3 insegnamenti del lavoro smart, anche in presenza

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i 3 insegnamenti del lavoro smart

Questo articolo è per tutte quelle aziende che non vedevano l’ora di tornare alla “normalità” in ufficio e lasciarsi alle spalle il lavoro a distanza. Ci sono 3 insegnamenti del lavoro smart che ci permettono di impostare meglio il lavoro anche in presenza.

Smart Working e vaso di Pandora

L’esperienza dello “smart working per tutti”, ha permesso di vedere il lavoro da un altro punto di vista. Sarebbe un vero peccato abbandonare tutti i risultati raggiunti e non cogliere l’occasione per rivedere alcuni aspetti strutturali del lavoro nelle aziende italiane.

Il mio sospetto è che chi ha la fretta di tornare al mondo del lavoro pre-pandemico, abbia il timore che il lavoro a distanza prolungato, continui a far emergere tutte le carenze aziendali.

Il vaso di Pandora è stato aperto e molte aziende si sono accorte di quanti problemi strutturali avessero e fossero riuscite a nascondere sotto il tappeto.

Ad esempio: un flusso di lavoro claudicante, una carente comunicazione tra collaboratori e un gigantesco problema di leadership. Dove i manager non riescono a motivare e coordinare le proprie persone, perché sono più impegnate a controllarle.

Tra i vari insegnamenti che dovremmo portarci a casa dal lavoro a distanza ne ho selezionati 3:

1) Non abbassare la guardia sulla comunicazione

Chi dice che basta ritrovarsi quotidianamente nello stesso ufficio per avere una comunicazione più fluida, sta per prendere una grandissima cantonata.

È vero che le videocall hanno succhiato tutte le nostre energie (tanto che è stato coniato il termine Zoom fatigue, per indicare la fatica da videochiamate) e che alcuni scambi fatti in presenza fanno circolare un’energia diversa. Ma dovremmo anche riconoscere che comunicare a distanza attraverso strumenti digitali, ci ha spronato a migliorare le nostre conversazioni.

Proprio perché stare a lungo in video è stancante, abbiamo imparato, ad esempio, ad andare dritti al punto durante le riunioni e non prolungarle inutilmente.

Per ovviare ai disturbi sonori, ai fruscii e al parlare di sottofondo, abbiamo preso l’abitudine di  spegnere il microfono se non tocca a noi parlare, dando il giusto spazio a chi deve essere ascoltato.

Credo che la maggior parte delle persone si sia impegnata a farsi capire meglio, senza troppi giri di parole per non dissipare il tempo e le energie di tutti.

Chi più chi meno, tutti abbiamo fatto uno sforzo attivo per formulare meglio pensieri e parole da un lato. Dall’altro ci siamo sforzati attivamente di recepire i messaggi, migliorando di fatto la comunicazione.

La sola condivisione dello stesso ufficio e dello spazio non farà risparmiare tutta la fatica che serve per una comunicazione efficace e sicuramente non regalerà il super-potere di leggersi nel pensiero e capirsi al volo senza sforzo.

Anche perché tutti continueranno a mandare mail e messaggi da dietro uno schermo e cosa ci sarà di diverso dal lavoro a distanza?

Quindi il primo insegnamento che ci dobbiamo portare a casa è che la comunicazione in azienda, anche in presenza, necessità dello stesso sforzo che abbiamo dovuto fare online. A distanza siamo consapevoli di dover fare un passo in più, dal vivo lo diamo per scontato.

La differenza la farà anche creare dei momenti di condivisione fruttuosi, in luoghi ripensati per favorire lo scambio e non ricadere nelle vecchie abitudini precedenti, quando il massimo dell’interazione dal vivo era lanciare un urlo da una scrivania all’altra per avere un’informazione. Senza preoccuparsi di disturbare gli altri.

2) Passare dal controllo alla fiducia

Lo smart working ha fatto emergere un grandissimo problema di leadership. Tante aziende italiane vedono nella leadership un concetto “vecchio stampo” di controllo dei propri dipendenti, dove avere le persone quotidianamente davanti agli occhi per assicurasi che lavorino. (O quantomeno totalizzino le ore previste dal contratto di lavoro…)

Questo atteggiamento, purtroppo miope, è quello che porta le persone ad abbandonare le aziende, perché percepiscono l’assoluta mancanza di fiducia nei loro confronti e non si sentono riconosciute.

Datori di lavoro e manager che hanno questo approccio, non fanno un buon lavoro nella costruzione del team.

C’è bisogno di imprenditori e manager illuminati che passino dalla logica del controllo a quella della  fiducia e che riconoscano che persone valorizzate – e non schiacciate dal controllo – danno il meglio di sé per l’azienda in cui lavorano.

I leader sono figure che riescono a trascinare le persone e a proiettarle nel futuro, infondendo motivazione nelle risorse che sono più disposte ad assumersi le responsabilità.

Si tratta di spezzare il circolo vizioso della diffidenza e del distacco e iniziare ad alimentare un circolo virtuoso fatto di autonomia, responsabilità e fiducia.

È un duro lavoro, ma qualcuno è bene che inizi a farlo!

3) Gli obiettivi. Chiari, ben formulati, condivisi, monitorati

Il problema di leadership va a braccetto con un altro grande problema emerso durante lo smart working: le persone non sono abituate a lavorare per obiettivi.

È come se andassero al lavoro per eseguire un compito senza avere la più pallida idea di come quel loro pezzettino contribuisca agli obiettivi aziendali.

E questo è un problema. Lavorare in questo modo non solo è alienante e poco motivante, ma rischia di disperdere tantissime energie.

Se le persone non sanno qual è la loro rotta e non hanno capito il perché ci stanno andando, perché dovrebbero remare, con vigore, 8-10-12 ore al giorno?

Il problema della mancanza di obiettivi è una questione seria. Chi pensa che le persone a casa girino il sugo invece di lavorare, forse sotto sotto sa che le persone non sono messe nelle condizioni giuste per essere autonome e proattive.

Così capi con le idee vaghe e obiettivi non condivisi, si lamentano di collaboratori lumaca che non sono in grado di prendersi le loro responsabilità.

Dall’altro lato risorse che brancolano nel buio, che hanno la metà delle informazioni disponibili e che devono dimostrare di essere efficienti e affidabili.

Quindi, non ci stanchiamo mai di dirlo, gli obiettivi vanno chiariti, formulati bene e soprattutto condivisi e monitorati nel tempo.

Conclusioni

Forse tornare di corsa in ufficio può aiutare a nascondere sotto il tappeto le altre magagne prima che tutti se ne accorgano, ma sarebbe un’occasione sprecata perdere gli insegnamenti di questi anni senza elaborarli per far fiorire nuovamente le aziende e fare quel salto in avanti che permette di crescere, innovare ed essere competitivi nel lungo periodo.

Lavorare smart non vale solo a distanza, vuol dire “ripensare il tappeto” e usarlo per volare alto e lontano.

Abbiamo ideato un questionario per testare quanto è smart il tuo team. Vuoi farlo e salire sul tappeto magico?

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La forza stabilizzatrice di Organizzatessen. Quella brava a guidare le persone, cogliere le sfumature e ascoltarle in modo calmo ed empatico. Ma è anche pragmatica e decisa per capire subito dove è il problema e affrontarlo.

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