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Cosa si nasconde dietro la procrastinazione?

paure-procrastinazione

È arrivato il terzo articolo sulla procrastinazione e quanto mi è costato scriverlo!

In queste settimane di lotta contro me stessa sono almeno riuscita a raccogliere i motivi (e le paure) che stavano dietro al bisogno di rimandare questo momento.

Molti sono collegati e in questo articolo li vediamo uno a uno. Quello che leggerai riguarda la mia storia, ma forse più trovare qualcosa che parla anche di te.

Aver creato l’aspettativa

Quando ho iniziato a scrivere gli articoli sulla procrastinazione, volevo condividere pensieri e soluzioni per arginare un problema che riempie le giornate di tanti e succhia energie vitali. Ho pensato che scriverne avrebbe aiutato me e altri a trovare delle piccole strategie per guadagnare quel tempo nelle giornate che, per colpa di una pessima abitudine, viene dissipato in non si sa bene cosa.

In queste settimane ho incontrato persone che hanno letto i primi articoli (qui e qui) e che si ritrovano tantissimo nella descrizione di procrastinatori seriali. Non solo: erano anche in attesa dei prossimi articoli per avere delle soluzioni!

Da un lato questa richiesta e l’aspettativa suscitata dai miei articoli mi ha lusingata e mi ha convinto che fosse giusto scriverne ancora.

Dall’altro ho come avvertito una sensazione di pericolo che mi ha portato alla preistorica decisione: flight, altro che fight!

Che mi porta dritta dritta alla seconda paura…

Non essere all’altezza

Ommioddio, si aspettano soluzioni da me, ma saprò cosa dire? Saranno utili le cose che scrivo? E se poi non servono a nessuno? E se poi non piacciono a nessuno?

Di colpo ho pensato di non avere alcuna autorevolezza per parlare di procrastinazione e per proporre soluzioni. Chi mi credo di essere? E se poi faccio brutta figura?

Ho immaginato che si sarebbero accesi i riflettori su di me e che tutti avrebbero scoperto che non ero all’altezza delle aspettative. E più si alimentava questo timore più mi sentivo bloccata. Anche se avevo preso un impegno. Anche se c’era qualcuno in attesa (o forse proprio per quello!). E ho sentito montare il senso di colpa.

Prima di rendermi conto che probabilmente non ci sarebbero state tutte queste persone ad additare il mio articolo come insulso (ma forse neanche a leggerlo),  è comparso il terzo elemento…

Perfezionismo

Quello che scrivo deve essere perfetto, ineccepibile. Devo avere delle opinioni inconfutabili, spiegate alla perfezione. Ma non posso essere troppo noiosa, devo essere anche leggera e divertente. Il più possibile coinvolgente e dare tutti gli strumenti necessari ai miei lettori….

Quando l’asticella si alza e raggiunge vette impossibili, l’unica soluzione è quella di trasformarsi in un camaleonte e sparire dalla vista di chiunque.

L’ansia sale, il problema si ingigantisce e sembra insormontabile. Quello che prima era un compito assolutamente neutro e alla mia portata (scrivere un articolo) si è trasformato nella scalata dell’Everest in infradito (come se le sorti di ogni procrastinatore dipendessero esclusivamente da me).

Il perfezionismo è un percorso a ostacoli di autosabotaggio: col cavolo che esco allo scoperto se non ho la certezza che tutto sia inappuntabile, che tutto l’universo mondo sia d’accordo con me e non ci sia niente che si possa fare meglio.

Utopia pura, insomma. Anche perché solo facendo (e sbagliando) si può puntare a migliorarsi continuamente.

Il perfezionismo è molto diverso dal dare il meglio di sé, che è una sana ambizione di voler fare un lavoro di qualità, imparando da tutte le fasi del percorso.

Aspettare le condizioni giuste

Quando avrò un paio d’ore senza interruzioni… quando sarò più lucida… quando sarò meno stanca… quando quest’altro progetto sarà finito…

Dopo aver alimentato per bene le prime tre paure ho fatto ricorso all’immagine della “super-me” del futuro. Quella che a un certo punto, una volta create le condizioni ottimali, avrebbe scritto l’Articolo Definitivo sulla Procrastinazione.

Inutile dire che le condizioni ottimali non si sono mai create: la richiesta dell’ultimo minuto che interrompe le uniche due ore di pace previste in agenda. La notte in cui dormi male e ti svegli peggio. L’abbiocco del primo pomeriggio. Un progetto che finisce e un altro che inizia subito dopo.

Poi ho capito che la super-me di domani sarebbe stata uguale alla me di oggi, se non mi fossi data una mossa all’istante.

Perché il punto alla fine di tutto è “fare, nonostante”. Nonostante la stanchezza, nonostante il poco tempo e la poca voglia. Nonostante ci siano tante cose in ballo. Nonostante le paure.

Scrollate di dosso le ansie da prestazione, soprattutto in vista della scadenza imminente, ho deciso che avrei scritto questo articolo.

E a questo punto è apparso l’ultimo e il più vero di tutti i motivi che mi hanno spinto a rimandare fino all’ultimo minuto possibile.

Non avere le idee chiare

Il punto è che non sapevo cosa scrivere. Cosa avrei voluto dire in questo articolo, quale sarebbe stato il mio contributo? Quale tassello avrei aggiunto a tutta la letteratura sulla procrastinazione?

Questo ultimo punto a ben vedere sarebbe stato anche il più facile da risolvere con un po’ di organizzazione delle idee.

Avrei potuto, fin da subito:

  • prendermi una mezz’oretta staccando il telefono
  • mettere un timer per rimanere concentrata sul lavoro e riemergere solo al termine
  • fare un elenco di possibili argomenti da trattare
  • selezionare i temi e creare un filo conduttore
  • preparare una scaletta
  • pianificare quando scrivere l’articolo
  • scrivere l’articolo + revisioni

Attraverso una semplice pianificazione delle fasi e scomponendo l’attività in step più piccoli avrei portato a casa il mio compito, senza patemi d’animo.

Tempo di tutta l’operazione: molto meno di quello perso a rimandare la scrittura escogitando mille scuse tormentandomi inutilmente.

Ma la mia mente era offuscata dalla paure. Ero entrata nel circolo vizioso delle paranoie e non riuscivo a fare il compito più semplice di tutti. Buttare giù un elenco di possibilità. Non definitive, non scolpite nella pietra. Senza pretese. Solo materiale da elaborare e arricchire man mano. Con tranquillità e lucidità.

Fare. Nonostante.

Senza la pretesa di entrare nella psicologia umana, ho pensato che il primo passo per smettere di procrastinare (prima ancora di trovare soluzioni organizzative) sia mettere nero su bianco le paure, guardarle in faccia, descriverle e accettarle.

Mi sono accorta che solo in questo modo sono riuscita a ridurle, a farle diventare meno spaventose.

Perché ora che quelle paure sono scritte qui fanno anche un po’ ridere.

Pian piano le idee su cosa scrivere sono venute fuori, i pensieri si sono chiariti. E senza la pretesa di aver risolto il problema mondiale della procrastinazione, questo articolo ora è qui.

Per tutti quelli che vogliono guardare in faccia le loro paure, hanno voglia di scriverle e condividerle per renderle meno minacciose. E iniziare a fare. Nonostante.

Vai al quarto articolo sulla procrastinazione.

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La forza stabilizzatrice di Organizzatessen. Quella brava a guidare le persone, cogliere le sfumature e ascoltarle in modo calmo ed empatico. Ma è anche pragmatica e decisa per capire subito dove è il problema e affrontarlo.

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