Sento ripetere questa frase da tanti amici e amiche, clienti e conoscenti dopo giornate di lavoro estenuanti. Sono persone che fanno anche dei bei lavori, ma che si lamentano che lavorano troppo, o meglio, che lavorano male. La conseguenza è vivere costantemente con un livello alto di stress, finire di lavorare troppo tardi per fare qualsiasi cosa dopo, o essere così stanchi da non aver voglia di fare altro che vegetare sul divano.
Questa situazione non è sostenibile
Il lavoro per molte persone è ripreso a pieno ritmo e anzi, a un ritmo più frenetico se il lavoro dipende direttamente dal costo dell’energia o dall’aumento dei tassi.
Questi 2 anni e mezzo di esperimenti su nuove modalità di lavoro non hanno insegnato molto a livello di organizzazione del lavoro e come sempre succede in Italia, il dibattito si è sterilmente polarizzato su chi era a favore dello smart working e chi era contrario. Senza sforzarsi molto di cogliere un’opportunità preziosa per rivedere il modello organizzativo e rispondere meglio ai cambiamenti sempre più veloci.
Le conseguenze
Chi non ce la fa più molla tutto e cambia vita. Abbraccia la “filosofia” YOLO (si vive una volta sola) e parte per isole sperdute. Mi sembra una tendenza più americana ma anche da noi ci sono persone che tornano a vivere al paesello natale, abbracciando un ritmo di vita più umano. Sarebbe bello poterselo permettere ma non per tutti è possibile ricostruirsi una vita e vivere con i piedi nella sabbia.
Chi non riesce a mollare tutto ma decide razionalmente che così non può andare avanti, sposa invece il quiet quitting (licenziarsi in silenzio). Vuol dire fare il minimo necessario e alle 17-zero-zero mollare la penna e lanciarsi dalla finestra come faceva Fantozzi sui teli dei vigili del fuoco. Si recupera tanto tempo per la propria vita personale ma il costo potrebbe essere una bassissima soddisfazione lavorativa.
Esperimenti e proposte
Ci sono tante aziende che stanno sperimentando il lavoro ibrido mantenendo uno o due giorni a settimana di smart working perché ci si è resi conto che quello è un punto di non ritorno. E il rischio di non soddisfare questa esigenza ormai imprescindibile è quello delle grandi dimissioni, più o meno silenziose.
In molti casi però mi sembra quasi una concessione e non una reale volontà di cambiare modello organizzativo. L’opportunità che secondo me non viene colta è quella di riorganizzare il lavoro su un altro paradigma basato su obiettivi e qualità del lavoro più che sull’orario e sulla quantità.
Ben venga in ogni caso la sperimentazione della settimana corta che Intesa Sanpaolo sta implementando e che sarà interessante studiare tra qualche mese. Si sta arrivando a un accordo per cui invece di lavorare 7,5 ore al giorno per 5 giorni per un totale di 37,5 ore settimanali, si lavorerà 9 ore al giorno per 4 giorni per un totale di 36 ore settimanali. Il numero di ore totali addirittura diminuisce e sarebbe già un successo mantenere lo stesso livello di produttività ma sarà interessante vedere se addirittura non possa aumentare. Avere più ore a disposizione durante il giorno potrebbe permettere di fare batching così come potrebbe essere rischioso a livello di stress. E non è detto che guadagnare un giorno a settimana per il proprio equilibrio vita-lavoro compensi lo squilibrio evidente degli altri 4 giorni. La vera conquista sarebbe mantenere l’orario di 7,5 ore al giorno per 4 giorni ed eliminare inefficienze e costi nascosti della disorganizzazione. Staremo a vedere, intanto guardiamo con interesse e curiosità chi cerca modi nuovi per venirne fuori.
Cambio di mindset
Quello che però ancora manca di fondo a questi esperimenti, secondo me, è che non si faccia un cambio di prospettiva dimenticandosi, per quanto possibile, di parlare di ore di lavoro. Sapere che devo stare 7,5 ore davanti al computer oppure 9 ore, non dice niente della qualità di quello che faccio. Potrei giocare a campo minato 9 ore consecutive invece di 7,5 (immagino che non ci sia più campo minato come passatempo comunque!).
Il vero cambio di mindset è passare dalle ore di lavoro al lavoro per obiettivi. Guardando cioè il risultato che si vuole raggiugere più che concentrarsi sul numero di ore che servono. Perché magari un giorno posso pure lavorare 5 ore se mi organizzo bene e arrivo al risultato concordato.
Lavorare per obiettivi però è insidioso perché l’azienda ha un obiettivo (di fatturato, di risultato) e chi lavora ha un obiettivo un po’ diverso (arrivare al risultato sì, ma senza morirci, lavorare con soddisfazione e lavorare il “giusto”, uscendo a un’ora decente e godendosi un po’ di tempo per sé).
Convergenza di obiettivi
Il raggiungimento degli obiettivi aziendali non dovrebbe mai essere a discapito dell’equilibrio vita-lavoro o del benessere psico-fisico dei collaboratori e viceversa, naturalmente.
Per farlo però ci dovrebbe essere una convergenza di intenti e questo può essere possibile solo se chi è a capo di un’azienda o di un team di lavoro capisce che il benessere psico-fisico dei propri collaboratori è un asset aziendale. Non è qualcosa di scontato o di indifferente. Dovrebbe essere trattato e gestito esattamente come un asset: curato, incentivato, coltivato, promosso. Così come si fanno investimenti finanziari o si aggiorna la tecnologia, così l’azienda deve investire sul benessere psico-fisico dei propri collaboratori.
L’organizzazione personale aumenta il benessere psico-fisico
Uno di questi investimenti può essere la formazione che facciamo in azienda. Noi aiutiamo le persone e i team a gestire meglio le attività, avere obiettivi più chiari, pianificare le giornate, avere più controllo, migliorare l’autonomia, aumentare efficienza ed efficacia, lavorare con più serenità e staccare a fine giornata con più soddisfazione e meno stress. E l’azienda dovrebbe proprio mettere le persone nella condizione di lavorare meglio. Così come c’è molta più attenzione sugli ambienti e la sicurezza, allo stesso modo si dovrebbe trattare il benessere psico-fisico dei lavoratori. Insomma, aiutiamo le aziende a diventare delle aziende fantastiche.
Se sei titolare di un’azienda e hai capito che il benessere psico-fisico dei tuoi collaboratori è un asset su cui vuoi investire, chiamaci che studiamo il percorso più adatto alla tua realtà.